Dal 2000 l’editore Urbano Cairo
premia i giovani artisti italiani
Sponsor del premio
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Alessandro Piangiamore
Pittura
Vincitore premio Cairo
Premio Cairo
2015
La XXI cera di Roma
Residui di candele in paraffina e cera d'api fuse, ferro, due elementi cm 203x113x3 ciascuno
Affascinato dall’idea di limite, Alessandro Piangiamore, attraverso una molteplicità di linguaggi che spaziano dalla scultura alla performance, rappresenta fenomeni naturali inafferrabili. Esemplare la serie dei venti dal titolo Tutto il vento che c’è, iniziata nel 2008 e tuttora in progress, o La gravità dell’arcobaleno (2006), un calco in gesso ribaltato di una pozzanghera d’acqua accostato alla fotografia di un’iride a sua volta rovesciata. L’artista si misura con le leggi fisiche e al contempo esplora le possibilità delle forme archetipe, approdando, talvolta, a soluzioni impossibili, come la caduta ideale dell’arcobaleno. Nel suo lavoro si generano paradossi visivi tra il dato apparente e quello effettivo, tra procedimento concettuale e composizione formale, tra realtà e immaginazione. L’opera in concorso, intitolata La XXI cera di Roma, è realizzata fondendo residui di candele di cera, recuperate nelle chiese della Capitale o nelle case di conoscenti. La forma di un oggetto simbolico, attraverso un processo di trasformazione della materia, si dissolve così in un’immagine scultorea dalla marcata connotazione pittorica. La stratificazione materica e l’espansione casuale del colore caratterizzano una geografia indefinita, evocando, sul piano sia estetico sia semantico, un rituale senza celebrazione, quasi a sacrificarne il significato originario.
Affascinato dall’idea di limite, Alessandro Piangiamore, attraverso una molteplicità di linguaggi che spaziano dalla scultura alla performance, rappresenta fenomeni naturali inafferrabili. Esemplare la serie dei venti dal titolo Tutto il vento che c’è, iniziata nel 2008 e tuttora in progress, o La gravità dell’arcobaleno (2006), un calco in gesso ribaltato di una pozzanghera d’acqua accostato alla fotografia di un’iride a sua volta rovesciata. L’artista si misura con le leggi fisiche e al contempo esplora le possibilità delle forme archetipe, approdando, talvolta, a soluzioni impossibili, come la caduta ideale dell’arcobaleno. Nel suo lavoro si generano paradossi visivi tra il dato apparente e quello effettivo, tra procedimento concettuale e composizione formale, tra realtà e immaginazione. L’opera in concorso, intitolata La XXI cera di Roma, è realizzata fondendo residui di candele di cera, recuperate nelle chiese della Capitale o nelle case di conoscenti. La forma di un oggetto simbolico, attraverso un processo di trasformazione della materia, si dissolve così in un’immagine scultorea dalla marcata connotazione pittorica. La stratificazione materica e l’espansione casuale del colore caratterizzano una geografia indefinita, evocando, sul piano sia estetico sia semantico, un rituale senza celebrazione, quasi a sacrificarne il significato originario.