Storie di cattivo gusto
Storie di cattivo gusto
Il cattivo gusto come paradigma dell’essere. Esigenza primaria e spasmodica del comunicare, del venire accettati a ogni costo, del voler fare bella figura per forza. Quella cosa che nessuno ammette ma che tutti praticano. Di questo si tratta qui, senza alterigia né moralismo, con gocce di sano umor cinico e più di un sorriso. In famiglia, sul lavoro, nel tempo libero o in vacanza.
Nella vita di tutti i giorni, nella politica, a tavola, a letto oppure a far shopping. Trentatré racconti, che potevano pure essere trentatremila, perché dall’arredo bagno alla bomboniera, dall’accumulo compulsivo dei souvenir alla sagra di paese, dal sesso in camporella al nome del primogenito, dalle zingarate tra amici al rito della defecazione mattutina, non c’è ambito del nostro vivere che sia certamente immune dal cattivo gusto, o dalle sue declinazioni, kitsch, trash, camp.
Ma, attenzione, che nessuno di noi si senta al di sopra di tutto questo, è il monito gentile dei due autori: «Abbiamo cavalcato l’onda dell’emozione e persino sfiorato la bellezza altrui. Ci siamo battezzati nel fiume infernale e divino del cattivo gusto. Perché, cari amici, senza una goccia di quell’acqua torbida e sacra, neanche la vita stessa esisterebbe. Nessun colore, nessun profumo, nessun sapore: solo noia e grigiore, per l’eternità».