Il ladro di icone
Il ladro di icone
Nella Mosca del 1936, mentre lo spettro delle purghe staliniane allunga la sua ombra spaventosa sull’intero paese, è sufficiente una battuta infelice per essere prelevati in piena notte dall’NKVD, la famigerata polizia politica, e finire nella «Zona», campi di prigionia nel lontano Nord da cui i nemici dello Stato Sovietico, reali o presunti, non fanno mai ritorno. Nemmeno un onesto poliziotto come Aleksej Korolev, stimato e fedele al Partito, può dormire tra due guanciali. Troppi sono i colleghi che ha visto cadere in disgrazia senza un motivo. E quando viene chiamato a indagare sulla morte di una giovane donna senza nome, torturata e poi sadicamente mutilata, non può che aprire la sua battuta di caccia tra le strade malfamate della capitale. Nulla ha a che vedere con la politica, questo omicidio, eppure Korolev sa che l’NKVD è solo un passo dietro di lui. Non sa invece di chi potersi fidare, se della potentissima organizzazione di Ladri che domina la città, se delle bande dei bambini di strada che vedono tutto, se dei funzionari di Partito che gli tendono la mano. È un pericoloso traffico internazionale di opere d’arte quello in cui Korolev si trova invischiato, al cui centro c’è un oggetto sacro che per il popolo russo ha un valore inestimabile. Pur avendo poco da guadagnare e tutto da perdere, l’ostinato capitano vuole arrivare alla verità. A ogni costo, se non altro in nome di quella fede cristiana che è costretto a coltivare in segreto. Nella cornice suggestiva della Mosca staliniana, William Ryan crea un grande thriller storico con intensi scorci di vita quotidiana, indimenticabili personaggi di carne e sangue – cittadini comuni, delinquenti, funzionari di Partito senza scrupoli –, ciascuno in bilico tra insubordinazione e ortodossia, ciascuno combattuto tra la speranza nel futuro, la disperazione del presente, l’orgoglio di appartenere a un grande paese.