Il cielo a sbarre
Il cielo a sbarre
Cesarina Ferruzzi è una professionista affermata, abituata a vivere nel lusso. La sua è una bella vita fatta di successo, denaro, viaggi. Ma una mattina di ottobre tutto cambia. La Guardia di Finanza suona alla sua porta e la obbliga a lasciare la sua casa dorata per entrare nel carcere di San Vittore. Inizia così un lungo iter giudiziario che la terrà dietro le sbarre 133 giorni: giorni, ore, minuti che non passano mai, il tempo non più scandito dalle lancette dell’orologio ma dai raggi del sole che si intravedono dietro la piccola finestra della cella. Da quel momento Cesarina è costretta a smettere i panni di “persona” per indossare quelli di “detenuta”. Perché il carcere è un microcosmo variamente assortito, un non-luogo ripiegato su se stesso, dove persino le leggi fisiche sembrano sovvertite. Per sopravvivere bisogna imparare un altro sistema di regole, infinite e vessatorie. Così, dopo un primo momento di disperazione, la detenuta Cesarina Ferruzzi mette in campo tutte le sue forze, anche quelle che non credeva di avere, e inizia il graduale cammino di adattamento a quella nuova realtà che la porterà alla catarsi. A poco a poco esce dal proprio isolamento, recupera quelle parti di sé che l’hanno sempre contraddistinta, la determinazione, l’energia, l’entusiasmo e si prodiga per portare anche tra quelle mura di dolore un po’ di umanità: mette insieme un coro di detenute, si offre come aiuto-bibliotecaria, si fa carico della gestione della palestra. Per Cesarina la sconvolgente esperienza del carcere preventivo – due metri e mezzo per due da dividere in quattro persone – diventa l’occasione per ripensare alla sua vita, alla sua scala di valori, ai rapporti umani veri e falsi. E quando si lascerà definitivamente alle spalle quel luogo di pena, lo farà da persona nuova